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Luglio 29, 2025

Protezione dei dati aziendali: le best practice di sicurezza

La protezione dei dati aziendali è diventata una priorità non più confinata all’IT. Oggi riguarda direttamente il business. Con l’adozione diffusa del lavoro ibrido, la crescita degli accessi da dispositivi personali (BYOD) e l’espansione dei servizi cloud, i dati si muovono più velocemente e in contesti meno prevedibili. Ma la velocità non può prescindere dalla sicurezza.

Ogni azienda gestisce asset digitali critici: credenziali, IP, customer data, analytics, documenti finanziari. Proteggerli significa proteggere la reputazione, la continuità e il valore competitivo dell’impresa. Vediamo quindi le 10 pratiche fondamentali che ogni IT Manager, responsabile sicurezza o decision maker dovrebbe integrare nella propria strategia.

Protezione dei dati aziendali: Definire cosa proteggere e perché

Il primo passo è identificare i dati veramente critici. Chiediti: “Quali dati, se esposti o compromessi, danneggerebbero davvero la mia azienda?”.
Non è una risposta da dare in solitaria: coinvolgi le funzioni chiave e il board, chiarendo la tolleranza al rischio, i vincoli di budget, gli impatti operativi.

Solo così puoi impostare un piano sostenibile, equilibrato tra controllo e produttività.

Classificazione automatica: non puoi proteggere ciò che non conosci

Ogni giorno vengono creati nuovi dati: documenti, report, note, screenshot, export, API call. Pensare di tracciarli manualmente sta diventando impossibile.
La classificazione automatica basata su AI permette di etichettare i dati in tempo reale, ovunque essi siano, su endpoint, cloud o app. Questo processo è il prerequisito per qualsiasi policy di Data Loss Prevention (DLP) veramente efficace.

Un dato non tracciato è un dato invisibile. E ciò che non si vede, non non è possibile proteggerlo.

Protezione dei dati aziendali: Zero Trust come architettura di base

La strategia Zero Trust supera la logica del perimetro e si fonda sul principio “never trust, always verify”.
Ogni cosa deve essere verificata dinamicamente, in base all’identità dell’utente, al device utilizzato e al contesto.

Adottando questo modello:

  • Ogni utente ha solo i privilegi minimi necessari (least privilege).
  • L’accesso alla rete non implica l’accesso alle risorse.
  • Le sessioni sono segmentate e supervisionate.

Un approccio ed una strategia Zero Trust riducono la superficie d’attacco e proteggono anche da minacce interne o lateral movement post-breach.

Protezione dei dati aziendali: evita tanti strumenti separati

Un errore frequente è implementare strumenti, software e soluzioni “a silos”: una soluzione per gli endpoint, una per il cloud, un’altra per l’email.
Questo approccio genera ridondanze e una gestione inefficiente degli incidenti.

Una protezione davvero coerente richiede centralità, coprendo tutti i canali contemporaneamente. Un solo motore, una sola logica, una visione completa.

Bloccare i punti di uscita critici dei dati

Una email inoltrata per errore, un file condiviso da Google Drive con permessi pubblici, una chiavetta USB dimenticata in treno. I punti di fuga dei dati sono numerosi e spesso banali.
È quindi essenziale analizzare la propria superficie di esposizione, identificando i canali da mettere sotto controllo. Tra questi: posta elettronica, servizi SaaS, endpoint locali, strumenti di stampa, accessi da dispositivi non gestiti.

La compliance non si ferma al primo attestato

Regolamenti come GDPR, HIPAA, ISO 27001 o la Direttiva NIS2 richiedono oggi un approccio dimostrabile alla sicurezza con log, audit trail, formazione continua e sistemi di cifratura e monitoraggio attivi. La compliance non deve essere vista e gestita come un mero peso amministrativo, giusto perché queste certificazioni consentono di accedere a gare di appalto, bandi eccetera. È un acceleratore di fiducia da parte di clienti, partner e investitori.

BYOD: una risorsa (con le giuste misure)

I dispositivi personali, spesso smartphone o laptop di dipendenti e collaboratori, rappresentano uno dei punti più delicati per la protezione dei dati. Non sono gestiti direttamente dall’azienda, non si possono aggiornare forzatamente, né si possono cancellare in caso di furto o smarrimento.

Tuttavia, esistono soluzioni efficaci:

  • Isolamento del browser: consente l’accesso ai dati solo in streaming, impedendo il download o la copia.
  • DLP session-based: applica le regole in base al tipo di dispositivo e alla sensibilità del contenuto.
  • UEM avanzato: onboarding controllato dei dispositivi con limiti precisi su accessi e funzionalità.

Con Mobisec, il BYOD non è più un rischio da contenere, ma una leva di flessibilità controllata.

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La protezione dei dati aziendali passa per la postura del cloud

Molti dei data breach più gravi della storia recente sono avvenuti non per exploit sofisticati, ma per configurazioni errate su ambienti cloud.
Piattaforme SaaS come Microsoft 365, ambienti IaaS come AWS o Google Cloud possono esporre involontariamente dati sensibili se non vengono gestiti con strumenti specifici.

Qui entrano in gioco il SaaS Security Posture Management (SSPM) e il Data Security Posture Management (DSPM). Questi strumenti consentono di analizzare in modo continuo la tua infrastruttura, rilevare con precisione:

  • dati sensibili esposti,
  • permessi eccessivi o inattivi,
  • integrazioni pericolose con terze parti,
  • bucket cloud pubblici lasciati aperti.

Grazie all’uso di API e integrazione con framework di compliance (NIST, ISO 27001, SOC 2), SSPM e DSPM aiutano a prevenire incidenti prima ancora che diventino visibili.

Mobisec si integra in questo scenario con una proposta ancora più solida:
La partnership con Claranet garantisce il controllo totale su app, dispositivi e infrastruttura cloud. Mentre Mobisec si occupa della sicurezza applicativa, dei test su API e della protezione degli endpoint, Claranet interviene su:

  • architetture cloud sicure,
  • configurazioni avanzate,

  • segmentazione del traffico e WAF.

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Automatizzare per reagire in tempo

Incidenti, alert, violazioni: senza automazione, il carico operativo esplode.
Workflow automatici integrati con SSE, DLP e UEM permettono di reagire in tempo reale, riducendo al minimo il tempo di risposta e aumentando la resilienza del sistema.

Automazione non vuol dire perdere controllo, ma recuperare velocità senza sacrificare visibilità.

Conclusione e prossimi passi

Investire nella protezione dei dati aziendali nel 2025 significa proteggere il capitale più prezioso della tua azienda: la fiducia.
Dati sicuri non significano solo meno rischi, ma anche più valore, più efficienza e più credibilità nel lungo periodo.

Se vuoi trasformare il tuo approccio alla protezione dati in una strategia vincente, Mobisec è il partner giusto per farlo.

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